Omesso versamento Iva, non è più reato, in alcuni casi.
Pagare le tasse è un obbligo per ogni contribuente, ma vi sono dei casi in cui la punibilità è esclusa per il reato di omesso versamento Iva. Una storica sentenza della Corte di Cassazione recepisce le nuove norme e salva i contribuenti.
Il decreto legislativo 87 del 2024, conosciuto come decreto Sanzioni ha portato importanti novità in merito alle sanzioni tributarie. La portata innovativa non è sempre è stata realmente recepita e diventa più forte ora perché ci sono le prime applicazioni giurisprudenziali.
In particolare la sentenza 41238 della Corte di Cassazione applica il nuovo comma 3 bis dell’articolo 13 del decreto legislativo 74 del 2000 che prevede la non punibilità dei reati se l’omesso versamento dipende da fattori terzi che hanno determinato una crisi di liquidità.
Vediamo in quali casi l’omesso versamento Iva non è reato e non è punibile.
Omesso versamento Iva e crisi di impresa
Si ha omesso versamento Iva quando i soggetti passivi non versano in tutto o in parte l’imposta sul valore aggiunto in sede di liquidazione mensile, trimestrale o in dichiarazione annuale IVA.
In seguito a contestazione del fatto viene applicata una sanzione amministrativa che si trasforma in penale nel caso in cui gli importi degli omessi versamenti siano particolarmente rilevanti. In particolare «È punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa, entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione annuale, l’imposta sul valore aggiunto dovuta in base alla medesima dichiarazione, per un ammontare superiore a euro 250.000 per ciascun periodo d’imposta»
Nel caso in oggetto una SPA era stata condannata per omesso versamento Iva. I giudici di merito, in primo e secondo grado avevano ritenuto irrilevanti le difese del contribuente il quale aveva dimostrato che il mancato versamento Iva era dipeso dalle difficoltà a incassare i compensi da parte di un consistente numero di committenti tra cui figuravano anche enti pubblici.
Già in passato vi sono state numerose pronunce che hanno sostenuto che il contribuente che emette fatture prima di incassare i compensi si espone al rischio di non riuscire a finalizzare l’incasso e dover comunque versare le imposte. Naturalmente si può pensare a conseguenze abnormi per chi, non solo non riesce ad andare avanti a causa degli omessi versamenti, ma che deve anche pagare le imposte su tali compensi mai effettivamente incassati.
Nel caso in oggetto il contribuente ha dimostrato non solo il mancato incasso delle fatture, ma anche la crisi di liquidità che ne è derivata e sfociata in una proposta di concordato preventivo (fallimentare) e nell’accettazione da parte dell’Agenzia stessa della proposta. Aprendo così una fase di liquidazione e crisi di impresa.
In particolare il contribuente ha dimostrato un totale di fatture emesse e non pagate di importo superiore a 570.000 euro e a cui è conseguito un debito Iva di oltre 125.000 euro. Nella stessa relazione del commissario giudiziale che ha seguito la crisi di impresa si sottolinea che le cause della crisi del blocco dei pagamenti sono da rinvenire proprio in tali mancati incassi a cui sia aggiunge la crisi del mercato delle costruzioni.
Il nuovo decreto Sanzioni e la non punibilità dell’omesso versamento Iva
Fatti tutti i rilievi, la Corte di Cassazione applica proprio il nuovo comma 3 bis dell’articolo 13 del decreto legislativo 74 del 2000, introdotto dal decreto 87 del 2024, che sottolinea:
I reati di cui agli articoli 10 bis (mancato versamento ritenute in qualità di sostituto di imposta) e 10 Ter (omesso versamento Iva) non sono punibili se il fatto dipende da cause non imputabili all’autore sopravvenute, rispettivamente, all’effettuazione delle ritenute o all’incasso dell’imposta sul valore aggiunto. Ai fini di cui al primo periodo, il giudice tiene conto della crisi non transitoria di liquidità dell’autore dovuta alla inesigibilità dei crediti per accertata insolvenza o sovraindebitamento di terzi o al mancato pagamento di crediti certi ed esigibili da parte di amministrazioni pubbliche e della non esperibilità di azioni idonee al superamento della crisi.
Ne consegue che il contribuente non versa sanzioni per l’omesso versamento Iva. Naturalmente l’Agenzia delle Entrate nella crisi di impresa aperta, seguendo le regole del Codice della crisi di impresa, entrerà nell’attivo dell SPA come creditore.
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