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Violenza sulle donne, trend in crescita e l’urgenza in Sicilia #finsubito richiedi prestito immediato


La situazione secondo i dati diffusi dall’Istat nel periodo 2013-2024

Oltre 200 chiamate al giorno. Di queste, un quarto arriva non dalle dirette interessate ma da familiari e amici che inviano segnalazioni di presunti abusi o atti intimidatori. Troppe chiamate ancora per pensare di vivere in un paese civile nel quale le donne non debbano più essere vittime di abusi da parte degli uomini. Stiamo parlando dei contatti quotidiani tracciati dal numero di pubblica utilità 1522, quello addetto alla segnalazione di abusi o reati connessi con lo stalking.

Telefonate che, come confermato da Elisa Ercoli, presidente di Differenza Donna, l’associazione che gestisce il servizio, sono aumentate del 70% dal femminicidio di Giulia Cecchetin, la studentessa di 22 anni uccisa dal suo ex fidanzato nel novembre del 2023.

Nell’ultimo anno sono state uccise in Italia 113 donne, una ogni tre giorni. Quasi tutte vittime di delitti compiuti in famiglia o tra gli affetti più cari. Sono state 62 quelle uccise da mariti, fidanzati ed ex che non si erano mai rassegnati alla fine della loro storia. Numeri pressoché identici a quelli dello scorso anno, come conferma il Viminale.

A distanza di cerca un anno da quell’omicidio, l’Istat ha diffuso per la prima volta negli scorsi giorni i dati riguardanti lo storico delle chiamate al numero di pubblica utilità 1522 relative al periodo 2013-2024. Tracciabilità che permette di risalire al numero di chiamate registrate dai sistemi per singola provincia d’Italia.

Molestie, stalking, violenza digitale, controllo. Sono diverse le tipologie di potenziali reati possibile da condividere attraverso una chiamata al 1522, il numero messo a disposizione dal Dipartimento per le Pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri, per sostenere e aiutare le vittime di violenza di genere e stalking, in linea con quanto definito all’interno della Convenzione di Istanbul. Il numero è gratuito, garantisce l’anonimato e copre diverse forme di violenza per 24 ore al giorno e in quattro lingue diverse oltre l’Italiano (inglese, francese, arabo e spagnolo).

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I numeri della Sicilia

In questo approfondimento del Quotidiano di Sicilia, scopriremo in che modo sono cambiati negli ultimi dieci anni i dati che fanno riferimento alla situazione della Sicilia. Partendo da una statistica allarmante: il numero degli accessi registrati nella provincia di Catania, nel primo trimestre del 2013, era di addirittura 230 chiamate. Più del doppio di Messina; cinquanta in più di Palermo.

Dal 2013 al 2024, le province siciliane hanno visto un incremento delle chiamate al numero antiviolenza 1522. Una realtà complessa, raccontata attraverso statistiche che rivelano dinamiche sociali e l’urgenza di interventi mirati. Ma qual è la situazione nelle diverse aree dell’Isola?

La provincia di Palermo: il picco delle chiamate      

Nella provincia di Palermo, dal 2013 ad oggi, le chiamate al 1522 hanno mostrato un trend in crescita, con picchi significativi negli anni 2020 e 2021, quando il periodo della pandemia ha esacerbato gli animi e fatto aumentare in maniera esponenziale il numero di casi di violenza. La suddivisione fornita da Istat riguarda i singoli trimestri.

Analizzando i dati del documento è possibile rilevare come il numero massimo di chiamate è stato di 206, registrato nel quarto trimestre del 2023. Sei in più di quelle registrate nel secondo trimestre del 2020, quindi in piena pandemia. Un dato che evidenzia come il contesto di disagio, nonostante siano mutati in maniera significativa gli scenari, non sia affatto diminuito. Il picco minimo di chiamate dalla provincia palermitana è stato invece registrato  nel primo trimestre del 2015, quando gli accessi sono stati “soltanto” 48.

Catania: una spirale di violenza sommersa 

Catania si conferma come una delle province più colpite da fenomeni di violenza di genere. Anche qui, l’effetto della pandemia ha amplificato la richiesta di assistenza, con un aumento significativo delle chiamate nel 2020. Nonostante una lieve riduzione tra il 2022 e il 2023, i dati più recenti del 2024 segnalano una ripresa delle segnalazioni, a dimostrazione di una persistente vulnerabilità della popolazione femminile.

La tabella delle chiamate al 1522 per la provincia di Catania evidenzia come non siano più stati raggiunti i picchi record del secondo trimestre del 2013, quando il numero massimo di chiamate fu di 230. Picco minimo di 65 chiamate registrato invece nel terzo trimestre del 2018. Durante il periodo critico del secondo trimestre del 2020, Catania è arrivata a 185 telefonate: una media di circa due al giorno al centralino del 1522.           

Messina e le difficoltà di accesso all’assistenza       

La provincia di Messina presenta un andamento delle chiamate in linea con il resto della Sicilia, ma con picchi che riflettono una sensibilità crescente tra la popolazione. Nel primo semestre del 2024, le richieste al 1522 sono aumentate rispetto all’anno precedente. Tuttavia, l’accesso ai servizi di assistenza e ai centri anti – violenza resta limitato, in particolare per le aree interne e più isolate, dove spesso è difficile rompere il silenzio e chiedere aiuto.

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Dalla minima delle sole 25 chiamate nel terzo trimestre del 2017, la provincia peloritana ha raggiunto il suo picco nell’analogo trimestre del 2013, quando il numero di telefonate ha raggiunto quota 112. Da allora, i dati hanno dimostrato una costanza, ma con numeri contenuti in considerazione dell’ampia estensione territoriale della provincia.      

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Agrigento: una provincia silenziosa ma non immune 

Se da un lato Agrigento registra meno chiamate rispetto a Palermo e Catania, dall’altro i dati dimostrano una crescita costante della consapevolezza sulla violenza di genere. Dal 2020, anno in cui si è verificato un forte aumento delle segnalazioni, la tendenza è rimasta costante.

Le 9 chiamate del primo trimestre hanno raggiunto il punto di massima criticità con le 70 telefonate registrate nel secondo trimestre 2020. Sebbene meno appariscente, il problema della violenza domestica resta radicato anche nella provincia agrigentina e necessita di una risposta adeguata da parte delle istituzioni.        

Siracusa e Ragusa: realtà parallele con caratteristiche diverse  

Le province di Siracusa e Ragusa presentano dati simili, con una crescita moderata delle chiamate. A differenza della città aretusea, Ragusa ha mostrato un lieve calo delle richieste di aiuto negli ultimi anni. Questo potrebbe indicare una maggiore accessibilità ai servizi di supporto o, viceversa, una minore predisposizione a denunciare situazioni di abuso. La comprensione di queste differenze è cruciale per adattare gli interventi alle specifiche esigenze delle due province.

Se a Ragusa il numero minimo di accessi è stato di 19, raggiunto nel secondo trimestre 2019, il picco è stato raggiunto l’anno successivo, nello stesso periodo critico per tutto il Paese e facente sempre riferimento alla pandemia: 45. Un numero al quale ci si è avvicinati nuovamente nel corso dell’ultimo trimestre dello scorso anno, quando le telefonate sono state 40.

Le 81 chiamate, record registrato per Siracusa nel terzo trimestre 2013, non è invece più stato raggiunto negli anni seguenti. Il minimo storico si è invece verificato nel secondo trimestre del 2018 e 2019 con 13 accessi.

Trapani, Enna e Caltanissetta: segnalazioni in crescita e strutture carenti 

Le province di Trapani, Caltanissetta ed Enna, storicamente caratterizzate da un numero minore di chiamate, hanno mostrato un incremento costante negli ultimi anni. Le statistiche del 2024 indicano un aumento significativo rispetto ai dati del 2019, suggerendo una maggiore consapevolezza sul fenomeno e la necessità di migliorare i servizi di assistenza nelle aree rurali.

Il record negativo di Trapani è di sole 7 telefonate, risalente al quarto trimestre 2016; il picco invece le 61 del secondo trimestre 2020. A Enna il minimo di tutta la regione con le 3 del primo trimestre 2017; 29 quelle registrate nel terzo trimestre 2015, appena 8 in più delle 21 dell’ultimo trimestre dello scorso anno.

Un segnale di come la consapevolezza sia cresciuta e le violenze non si siano però nel frattempo attenuate. Non casuale il fatto che il numero sia cresciuto, come nel resto d’Italia, in concomitanza con il caso del femminicidio di Giulia Cecchetin. Infine Caltanissetta. Qui dalle 5 dell’ultimo trimestre 2015 si passa addirittura alle 44 fatte registrare nei primi tre mesi di quest’anno. Un chiaro segnale di come il fenomeno sia in costante crescita, al pari della consapevolezza delle donne che vivono nelle aree più rurali dell’Isola.

Le possibili soluzioni

Dai dati raccolti, emerge con chiarezza la necessità di politiche mirate, non solo per aumentare l’accessibilità ai servizi, ma anche per sensibilizzare la popolazione alla denuncia. La differenziazione delle statistiche tra le province siciliane offre uno spunto per una strategia che sia in grado di rispondere alle specifiche caratteristiche sociali e culturali delle varie aree dell’Isola.

Il Senato ha avviato negli scorsi giorni un’indagine conoscitiva per comprendere i motivi del mancato funzionamento dei braccialetti elettronici: uno dei deterrenti che i potenziali aggressori dovrebbero considerare tali nell’avvicinamento alle vittime. Ma così non è considerato, con tre femminicidi che sono stati compiuti da uomini che indossavano proprio il braccialetto elettronico. Una misura di sicurezza che, evidentemente, al momento non funziona per come dovrebbe.

Secondo l’Usmia, il sindacato dei carabinieri, ogni anno risultano circa 20.000 falsi allarmi provenienti dai dispositivi elettronici. Questi rilevano emergenze dove non ne esistono e, al contrario, non ne segnalano dove sarebbe necessario. Tradotto: lavoro in più per le forze dell’ordine e allerta perenne per le donne vittime di violenza che hanno denunciato i propri ex o i loro stalker.



 

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