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Roma, ex Zecca in piazza Verdi: ecco la maxi veranda sul palazzo storico ai Parioli #finsubito prestito immediato – richiedi informazioni –


di
Maria Egizia Fiaschetti

L’opera, autorizzata dalla Soprintendenza e prevista nell’accordo di programma, è stata realizzata grazie alla traslazione all’esterno dei volumi superfetativi demoliti dal cortile interno

Sono terminati i lavori per la realizzazione dei due piani in vetro e acciaio sulla sommità dell’ex Poligrafico dello Stato in piazza Verdi che ridisegnano lo skyline della zona. Nel 2019 Cassa depositi e prestiti, proprietaria dell’edificio in stile liberty realizzato tra il 1914 e il 1928, ha deciso di affittarlo a Enel con un contratto di 24 anni a un canone di 10 milioni di euro l’anno. All’inizio il progetto di ristrutturazione prevedeva la trasformazione in hotel extralusso con roof e piscina all’ultimo piano, ma gli organi preposti alla tutela hanno ottenuto che fosse mantenuta l’originaria destinazione a uffici.

Strutture spontanee utilizzate come depositi

Il restyling, contestato dai residenti per l’impatto sulla visuale (ma a fasi alterne anche alcuni consiglieri capitolini, di destra e di sinistra, hanno espresso perplessità), è stato autorizzato come documentano i pareri rilasciati negli anni. Tutto nasce dallo smantellamento delle «degradanti superfetazioni» costruite in epoca successiva «con la grossolana occupazione della corte interna» che servivano come depositi, magazzini, locali utilizzati come archivi o per l’alloggio del custode.




















































In sostanza le strutture posticce sarebbero state abusive, ma per un ente dello Stato le procedure autorizzative erano meno rigorose e quei volumi sono finiti nella cubatura complessiva. Con la riqualificazione dell’immobile, abbandonato da oltre 20 anni, si è deciso di dargli nuova vita evitando il deperimento, se non fosse che i cittadini e le associazioni impegnate in difesa del patrimonio storico-artistico storcono il naso di fronte alla «traslazione» delle cubature demolite e recuperate con la sopraelevazione in vetro e acciaio.

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Il parere favorevole

Per comprendere la ratio che ha orientato il rilascio delle autorizzazioni può essere utile ripercorrere alcuni passaggi del parere della Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per il Comune di Roma, firmato il 13 aprile 2010 dall’allora responsabile, Federica Galloni. Nella premessa la soprintendente sottolinea che «la consistenza architettonica dell’edificio è stata notevolmente compromessa dalla sovrapposizione e composizione varia di diversi volumi a carattere superfetativo che nulla hanno a che vedere con l’immagine originaria del complesso». Fuori dai tecnicismi, di fatto si lascia intendere che gli inserimenti spuri realizzati ex post non dovrebbero essere considerati parte integrante del palazzo. Il paragrafo seguente, però, chiarisce che «nell’ambito dell’accordo di programma le volumetrie degli elementi superfetativi sono considerate valevoli ai fini del computo di quelle relative alle opere di riqualificazione rendendo, di fatto, impossibile un recupero filologicamente conservativo dell’immobile».

A questo punto si aprono due strade: «Quella conservativa tout court e un’altra di carattere innovativo-integrato». Il parere favorevole si aggancia alla seconda ipotesi: «Non intendendo questo ufficio proseguire nell’accettazione di un’immagine morfologica del tutto casuale e spontanea, si è optato per un progetto integrato che prevedesse una “aggiunta” moderna». Da qui il via libera alla «sostituzione delle superfetazioni susseguitesi dagli anni Cinquanta in avanti con un’architettura nuova e spettacolare che capovolga completamente la percezione delle preesistenze spontanee».

La preoccupazione di Italia Nostra

Per Oreste Rutigliano, presidente della sezione romana di Italia Nostra che ha seguito la vicenda dell’ex Poligrafico, «ormai l’inserimento di piani rialzati negli edifici pubblici si è affermato sistematicamente». Nello specifico, dal suo punto di vista l’intervento in piazza Verdi impatta su un «contesto urbano già massacrato dalla sede dell’Enel (quella progettata negli anni Sessanta dall’architetto Attilio Lapadula, ndr)». La sua preoccupazione è che, «se non si affronta il problema, tra cinque anni tutti gli edifici pubblici saranno così».

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18 novembre 2024



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