C’era una volta la “coffee house” di Villa Ada, dove i Savoia accoglievano gli ospiti con un caffè o una cioccolata calda. Oggi, a distanza di secoli, è un monumento all’abbandono, al degrado e alla sporcizia.
Il complesso, di gusto neoclassico, è stato realizzato alla fine del Settecento, su idea del principe Luigi Pallavicini che acquistò le vigne di monsignor Saliceti, di Michele Capocaccia e di Domenico Calzamiglia. A rendere fruibile quell’area, dal lato di via Salaria e in un punto di collegamento con via Panama, venne chiamato l’architetto francese Auguste Chevalle de Saint Hubert, che realizzò un parco ispirato “ai criteri formali e geometrici in voga in quei tempi”, come riferisce la pagina “Villa Ada Savoia”.
La costruzione della “coffee house”, conosciuta anche come Tempio di Flora, è datata sicuramente prima del 1819. A distanza di oltre 200 anni, quei tempi sono tramontati. E quanto documentato dal gruppo di Forza Italia territoriale, insieme ai consiglieri capitolini, è uno scenario di degrado, abbandono e insicurezza: “Ci sono rischi per passanti e bambini – fanno sapere Rachele Mussolini, Francesco Carpano, Raffaele D’Orsi ed Enrico Feleppa, rispettivamente capogruppo, consigliere comunale, coordinatore e vicecoordinatore di Forza Italia nel II -. Ciò che un tempo era un gioiello settecentesco è ora un luogo distopico abbandonato al degrado tra baraccopoli, strutture divelte e fossi dove qualsiasi persona potrebbe farsi del male. Dove sono finiti dipartimento ambiente e Sovrintendenza? Dov’è finita l’amministrazione che governa ormai da tre anni? Ci aspettiamo che, in attesa dell’impiego dei 755mila euro di PNRR previsti sugli immobili di Villa Ada, si vieti immediatamente l’accesso a un luogo tanto pericoloso quanto insalubre”.
Secondo quanto spiegato dall’assessorato all’Ambiente di Roma Capitale, la riqualificazione del tempio di Flora a Villa Ada è sì un lavoro previsto dagli interventi Pnrr, ma è in capo alla Soprintendenza Speciale Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Roma, nell’ambito del capitolo “Caput Mundi”, che mira alla valorizzazione del patrimonio artistico e culturale di Roma e di luoghi meno noti. Il cantiere, però, non è ancora partito. Le pratiche burocratiche risultano avviate, ma a oggi nient’altro.
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